Prezzo alto=qualità? Una colossale “balla”

C’eravamo lasciati rispondendo al primo dei tre quesiti per tentare di scardinare le convinzioni dei “nemici” del Revenue management. Ossia: il prezzo condiziona la domanda? La risposta, scontata, è stata sì. Ora, invece, è giunto il momento di rispondere al secondo quesito: prezzo e qualità vanno sempre di pari passo? Stavolta la risposta è no. E ci mancherebbe altro. Eppure per anni – e purtroppo in parte anche oggi – prezzo alto è sempre stato sinonimo di qualità.

In realtà questa considerazione ha tutta l’aria di essere una balla spaziale, ma ha fatto la fortuna di molti albergatori, soprattutto di quelli di fascia alta. Almeno fino a quando non è arrivato Internet. Oggi le cose sono cambiate. E molto. Ma non per tutti, purtroppo. Se fino a ieri bisognava fidarsi di qualche rivista di settore, di qualche prontuario o di un passaparola ridotto alla (ridotta) cerchia di amici, oggi le regole sono state stravolte dal web: un commento su un social network – ad esempio Facebook – lo leggono migliaia di persone. E possono fare la fortuna (o la disgrazia) di una determinata struttura.

Il punto è proprio questo. Oggi più che mai la qualità di una struttura alberghiera non è definita dal prezzo, né dal giudizio di parte del suo gestore: il livello di qualità lo stabilisce il cliente. Che a sua volta influenza, con il suo giudizio, non solo i suoi amici, ma anche la ben più ampia cerchia di conoscenze virtuali. Altro che prezzi alti! Non solo non determinano la qualità, ma allontanano i clienti.

Perché sanno che possono ottenere anche di meglio a prezzi più bassi: sul web le offerte spuntano come funghi. A maggior ragione perché con il Revenue Management si possono applicare tariffe davvero convenienti in determinati periodi dell’anno. Ma qui tocchiamo un altro nervo scoperto, un altro cavallo di battaglia (contro i mulini a vento, in realtà) di certi albergatori: per loro tariffe basse significa basso livello della clientela.

Ed ecco che cominciano a puntare l’indice contro chi a colazione mangia questo e quell’altro mondo, oppure contro un abbigliamento ritenuto troppo casual. O, ancora, creano leggende secondo le quali questi clienti della bassa stagione si portano in camera l’acqua comprata al supermercato. Una sorta di razzismo strisciante, un atteggiamento classista che cozza con la realtà odierna.

In certi alberghi ancora si fa fatica a capire che chi usa il mezzo Internet spesso e volentieri è una persona dal livello culturale medio-alto. Usa con la massima disinvoltura la carta di credito per fare le sue prenotazioni (o i suoi acquisti), ma soprattutto è una persona che prima di scegliere una stanza, studia attentamente il mercato, chiede pareri ai tanti frequentatori delle comunità virtuali, fino a quando non trova una proposta davvero convincente, in grado di coniugare al meglio qualità e prezzo.

Continuare a snobbare questa clientela significa portare la propria struttura verso un inevitabile declino. Ricapitolando: il prezzo non fa la qualità. Basta visitare i social network per rendersene conto: nelle classifiche degli alberghi gettonati, quelli famosi o a cinque stelle non occupano mai le prime posizioni. Meditate gente, meditate.

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