Ad Alcatraz, tutta la “libertà” di fare Revenue

“Nel 1982 ho aperto la Libera Università di Alcatraz, una struttura ibrida, un po’ agriturismo, un po’ centro culturale. 25 stanze, spazi per lezioni e spettacoli, piscina calda coperta e fredda, 4 milioni di metri quadrati di parco, cibo biologico, costruzioni ad alta efficienza energetica realizzate con materiali atossici, energie rinnovabili.

Oltre alle normali vacanze di riposo organizziamo corsi, festival musicali e letterari.

In estate ospitavamo fino a 80 persone tra camere, camper e tende, con punte di 130 (non di più).

Dopo 26 anni di fiorente attività, nel 2008, con la crisi, è iniziato un lento declino che nel 2016 è arrivato a un calo delle presenze del 70%.

All’inizio ho dato la colpa alla crisi.

E comunque abbiamo cercato di rinnovare, sia l’offerta di corsi, sia l’arredo; abbiamo anche costruito grandi sculture nel parco con la partecipazione di valenti artisti: un parco museo.

Niente da fare. Le persone che venivano da noi erano entusiaste del posto, dell’accoglienza e soprattutto del cibo (siamo sulla guida dello Slow Food.

La gente si “ammazzava di selfie” di fronte alle statue, che poi venivano pubblicati su centinaia di social.

Abbiamo una ottima presenza in rete, le mie pagine Facebook hanno più di 100 mila followers, eravamo su Booking e altri siti del genere…

Dal 2017 iniziai ad essere invitato spesso in televisione. La situazione economica italiana era migliorata. Ma noi non uscivamo dalla crisi. Come era possibile? Dove sbagliavo? Possibile che quel che offrivamo interessasse sempre meno? L’alta qualità non pagava più?

Ho fatto un po’ di fatica a capire cosa mi proponeva Franco Grasso. Questa storia dei prezzi delle camere governati dall’algoritmo magico non mi sembrava applicabile alla mia situazione particolare, con una struttura che ha bisogno di ospiti che apprezzino la sua unicità.

Ma ero arrivato al punto che chiudere era l’unica prospettiva.

Dopo 5 anni di perdite spaventose avevo finito le scorte. Quindi dico: ok proviamo.

Così ho scoperto qual era il problema. Negli anni della crisi il mondo era cambiato.

Era la forma della mia offerta che non esisteva più. Era come parlare una lingua che gli ospiti potenziali non erano più in grado di comprendere.

Io vendevo la pensione completa, un giorno per una persona costa tot…

Ma non esiste più! Non si vendono i letti ma le camere e solo il pernottamento con prima colazione…

Ed essere su Booking non dice niente se non sai come modulare l’offerta, come strutturarla.

E non esisti se sei da solo, devi far parte di una consociazione che tratta con Booking collettivamente, e paga collettivamente particolari criteri di visibilità.

E poi abbiamo buttato via il nostro vecchio sito web e la vecchia pagina Facebook, molto belli ma strutturati in modo antico.

E abbiamo cambiato le modalità e i tempi di risposta ai contatti con gli ospiti potenziali.

E poi abbiamo anche adottato il sistema di prezzi oscillanti, le quotazioni quotidiane.

Ma questo aspetto non è il principale. Si tratta di un cambio strutturale della dinamica dell’offerta, che alla fine ha influenzato pure la struttura, la concezione del servizio e delle voci di guadagno (potenziare il bar, potenziare il merchandising).

Insomma, tutto diverso.

Tanti piccoli particolari che piano piano abbiamo modificato. C’è voluto qualche mese per capire. Poi in un week end nel quale mi aspettavo una dozzina di ospiti ne sono arrivati 52, quasi tutti da Booking.

E allora ho capito che il buon Franco Grasso non mi aveva preso in giro”.

Jacopo Fo

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