Come andrà questa stagione?
È la domanda che all’indomani della fine del lockdown, e dell’inizio di una graduale libera circolazione delle persone nel nostro paese, si fanno tutti gli addetti ai lavori del settore turistico, considerando che si tratta di una stagione dove lo storico 2019 non può essere preso in considerazione, in quanto l’anno scorso non c’era la pandemia e tutto quello che una pandemia comporta.
E l’ultima pandemia risale a un secolo fa, troppo lontano nel tempo per poterne trarre informazioni utili e fare previsioni a livello turistico.
Fare stime in una situazione inedita e senza storico è pericoloso e pretendere di giudicare l’andamento e i risultati di questa stagione col metro di paragone e l’approccio con cui si è affrontata la stagione passata significa partire già col piede sbagliato.
In presenza di uno shock del mercato di tale portata (come in passato furono l’11 settembre e la crisi finanziaria del 2008) bisogna affrontare la stagione come se fosse un anno zero, in cui lo storico si costruisce strada facendo e adattandosi in modo flessibile ad una situazione completamente nuova con l’unico vero obiettivo di fare il meglio possibile e chiudere in positivo.
Tuttavia esistono ad oggi una serie di dati che ci possono dare un’idea di quello che ci possiamo aspettare da questa stagione.
Innanzitutto, è fondamentale capire quello che sta succedendo in altri paesi che sono usciti dal lockdown ben prima dell’Italia, iniziando a convivere col virus e facendo ripartire l’attività turistica.
In tal senso molto utile è l’apporto di STR, la più grande società di benchmarking alberghiero al mondo, che illustra in modo abbastanza chiaro l’impatto del covid (e relativo lockdown) su tre macroaree (Cina, Europa, Stati Uniti).
Quel che emerge è che mentre l’Europa, dopo il crollo di marzo, si trova ancora in una fase stagnante a livello occupazionale, la Cina (uscita a metà marzo dal lockdown) e gli Stati Uniti (che pur essendo il primo paese del mondo per numero di contagi e decessi hanno allentato le restrizioni in molti stati già a fine aprile) sono in fase di costante crescita occupazionale settimana dopo settimana.
Volendo anche fare proiezioni basate su questo costante trend di crescita, è verosimile aspettarsi che in 4-5 mesi Cina e USA tornino ai livelli occupazionali pre-crisi.
Ad ogni modo ciò che è interessante notare è che questa ripresa a livello nazionale della media occupazionale in entrambi i casi viene guidata dal segmento domestico leisure e da quelle destinazioni che presentano fondamentalmente queste caratteristiche: forte domanda interna, raggiungibilità in auto, finestra di prenotazione molto corta e pressione molto alta sui weekend e ponti, con picchi di occupazione in alcuni casi superiori all’ 80%.
Parliamo principalmente di destinazioni di mare, montagna, lago, campagna.
È sicuramente emblematico il dato degli americani che, nonostante la situazione drammatica a livello sanitario ed economico che hanno in casa, continuano (chiaramente negli stati in cui è possibile farlo e con tutte le precauzioni e regole del caso) a riempire nei weekend gli hotel e le spiagge della East e West Coast. O in alternativa le destinazioni di montagna.
Questo trend si è verificato anche in Sud Corea, uno dei paesi che ha gestito meglio l’epidemia e che convive da un po’ di tempo col virus.
Ma ora veniamo a noi e all’Italia.
Avendo a disposizione un campione di 300 strutture seguite in consulenza sul territorio nazionale, abbiamo la possibilità di misurare l’andamento della stagione in modo diretto e inquadrare quello che potremmo aspettarci nei prossimi mesi.
Innanzitutto il primo dato positivo, che sembra rispecchiare il trend a livello mondiale, riguarda proprio i weekend e i ponti.
Lo scorso weekend del 22 e 23 maggio, il primo weekend successivo al lockdown, rappresentava un primo banco di prova interessante.
E il responso è stato molto incoraggiante, soprattutto se consideriamo che ad oggi è possibile spostarsi solo all’interno della stessa regione.
Su un campione rappresentativo di 50 strutture leisure aperte (mare e montagna), più della metà ha superato il 50% di occupazione con alcuni casi virtuosi di fully-booked (non dimentichiamoci che da marzo ad oggi l’occupazione media degli hotel italiani, in linea col dato europeo, è tra il 10 e 15%)
E questo trend si sta ripetendo anche sul prossimo weekend lungo o ponte che va dal 29 maggio al 2 giugno, con dati ancora più solidi (essendo più alto il numero di strutture aperte) e che illustreremo nei prossimi articoli.
Il che ci induce ad essere fiduciosi sull’andamento della stagione non appena ci si potrà muovere tra le regioni e auspicabilmente potremo anche accogliere gli stranieri con la riapertura delle frontiere.
Infatti se vogliamo dare uno sguardo di ampio respiro alla situazione per l’intera stagione fino a settembre, segmentando l’analisi per cluster (mare, montagna, lago, città, ecc.) emergono alcune informazioni interessanti (dati tratti dal nostro software Revolution Plus).
Quel che emerge è che le destinazioni leisure come mare, lago, montagna in questo momento stanno registrando performance migliori rispetto alle città.
E stanno seguendo un trend di crescita lieve ma costante nelle ultime settimane, coerentemente con l’allentamento delle restrizioni e gli annunci del governo.
In questo momento sembra che la montagna a distanza dalla data registri maggiori preferenze rispetto al mare su luglio e agosto.
Va detto però che l’occupazione del mare è una media che vede oscillazioni importanti a seconda della tipologia di struttura. E le strutture extralberghiere e all’aperto in questo momento registrano maggiori preferenze rispetto agli hotel, verosimilmente per la sensazione di maggiore tranquillità e sicurezza che infondono in relazione al virus.
Tuttavia i dati su questi primi due weekend post lockdown ci dicono che gli hotel sotto data ricevono una maggiore pressione della domanda.
Per quanto riguarda le città (business e leisure) il discorso è sicuramente più complesso e l’occupazione previsionale per i prossimi mesi è ancora bassa. Questo dato è dovuto al fatto che le città a doppia vocazione business leisure (Roma, Milano, Firenze ecc.) vivono e dipendono soprattutto da segmenti che al momento sono bloccati, come il corporate, il mice, e il leisure internazionale.
Chiaramente la riapertura delle frontiere e la ripresa dei voli da/per Italia già annunciato da molte compagnie aeree a partire da giugno porterà a un miglioramento della situazione, che si consoliderà sempre di più a partire da settembre quando si riprenderà anche il segmento legato ai congressi, fiere ed eventi.
In conclusione, questa pandemia ha sicuramente creato uno scossone nel mondo del turismo e ricettivo. Ma analizzando i dati in modo freddo, lucido e distaccato, quello che emerge è che ci sono tipologie di destinazioni e strutture che si riprenderanno più in fretta da questa crisi, altre che ci metteranno più tempo.
Leggendo questi dati, una cosa è lampante: il virus non ha distrutto la domanda turistica e la voglia di viaggiare delle persone, semmai ne ha cambiato le abitudini.
E il vero fattore che incide sulla domanda sono le restrizioni alla circolazione delle persone. Molto più degli aspetti psicologici (paura del contagio) o economici (meno soldi in tasca).