Quando all’albergatore piace perdere facile
Una strana “allergia” frena lo sviluppo di molte strutture alberghiere. È talmente strana che fa fuggire i direttori d’albergo di fronte alla possibilità di incrementare i ricavi. Ma per loro questo non è un problema, anzi. È paradossale, ma è così.
Non c’è verso di far comprendere a chi è ancorato alle vecchie logiche che parlare di vendita o di strategie commerciali per incrementare le entrate oggi sia una necessità, a maggior ragione in questo periodo in cui la crisi e lo sviluppo di Internet hanno rivoluzionato il settore. La risposta che ha la vana pretesa di mettere al tappeto il Revenue management è sempre la stessa: secondo questa scuola di pensiero chi garantisce “qualità e servizio” non può pensare di incrementare la fetta dei ricavi, poiché sostiene in partenza costi più elevati.
Lo dicono senza rendersi conto che le uniche cose che garantiscono, in realtà, sono: strutture mezze vuote e prezzi agli antipodi del mercato. C’è una ignoranza (nel senso di non conoscenza) di fondo o, meglio, una certa idiosincrasia di fronte al nuovo, tale non far comprendere che uno dei pilastri del RM è proprio il servizio! Il perché è presto detto: se il servizio lascia a desiderare, la “brand reputation” crolla e il cliente punirà la struttura con il passaparola. Che sul web – la casa madre del RM – diventa ancor più micidiale.
E appaiono goffe le giustificazioni di coloro che, di fronte a un albergo mezzo vuoto, sostengono di preferire qualche cliente in meno piuttosto che rinunciare a fornire un ottimo servizio. Il ragionamento fa acqua: a parte il fatto che una stanza vuota non è nient’altro che un’entrata in meno – o come ripeto ormai da tempo, un costo certo – non è scritto da nessuna parte che con poche camere occupate si dà un servizio migliore. Al contrario, spesso si ottiene un calo dei ritmi da parte del personale che al momento del bisogno fa fatica a rimettersi in moto.
Prezzi elevati e personale in abbondanza non assicurano un servizio migliore! Certi albergatori non se ne rendono conto. Né verificano se i loro “teoremi” abbiano o meno dei riscontri. Non si confrontano con il cliente in albergo, non si curano di ciò che si dice di loro on line, dove cioè si gioca la vera partita delle vendite. Non capiscono che fare cilecca nelle vendite, significa anche fallire nel servizio, poiché uno è legato all’altro. Il RM sbatte contro un muro di gomma soprattutto in quelle strutture dove non ci sono problemi finanziari (dove ad esempio gestore e proprietario coincidono). Ma prima o poi – è bene ricordarlo – tutti dovranno fare i conti con un mercato in rapida evoluzione e sempre più orientato verso la caccia dell’offerta sul web.
E qui subentra un altro avversario del Revenue management negli hotel, difficile da battere: il “nero”. Per applicare il RM, infatti, è necessario commercializzare on line, ragion per cui non è possibile nascondere gli incassi. In questo modo si pensa di migliorare le proprie perfomance economiche. In realtà questa forma di evasione compromette ogni possibilità di sviluppo della propria struttura. Continuare a ragionare con le vecchie logiche è un po’ come essere colpiti dalla sindrome di Tafazzi: ci si butta la zappa sui piedi, per non dire altro. Tenere una struttura semivuota equivale a farsi male da soli. Presto o tardi, però, la concorrenza da parte di chi ha allargato i propri orizzonti verrà a presentare il conto. E sarà molto salato.