Le nuove recensioni su Booking.com: cosa cambierà per gli hotel?

La psicologia è forse il campo più affascinante e allo stesso tempo insondabile relativo al genere umano.

Concreto eppure intangibile, indissolubilmente legato ai costumi e alle convenzioni sociali.

Col passare degli anni e lo sdoganamento di infiniti perbenismi, reali o presunti, siamo arrivati ad ammettere a noi stessi tante piccole verità che prima tenevamo chiuse a chiave nel nostro armadio storicamente pieno di scheletri.

Certi meccanismi sono sempre esistiti, solamente erano più semplici da gestire (e da occultare).

La nostra natura, nel bene e nel male, è immutata dalla notte dei tempi.

Ciò che cambia, tanto velocemente quanto l’avvicendarsi delle stagioni, è la possibilità di sfogarla.

Gli strumenti attraverso cui possiamo esprimerci sono diventati efficacissimi e, quel che è più determinante, alla portata di tutti.

Così oggi abbiamo un nuovo tipo di socialità, immersa fino al collo nella globalizzazione, che ci rende assolutamente dipendenti dai giudizi altrui (meglio se positivi).

Ma è davvero tutto nuovo? Tutto ciò che è relativo al pettegolezzo, per utilizzare la forma nostrana di gossip, affonda le proprie radici nella storia del Mondo.

Partendo dall’anziana signora del villaggio che, con la scusa di una visita di cortesia, andava a parlare dei fatti altrui porta a porta.

Quindi ciò che prima era casereccio, gusto speciale che ancora ci serbiamo di assaporare quotidianamente, con la nascita dei mezzi di comunicazione di massa è diventato globale.

Ci facciamo i fatti di tutti e la parte più affascinante è la possibilità che abbiamo di commentarli.

L’etimologia del sostantivo pettegolo, almeno quella più comunemente nota, è di per sé assai esplicativa.

Dal latino petere (dirigersi verso), da cui deriva peditum. Per assonanza è semplice arrivare al nostro peto.

Il veneziano poi lo ha trasformato nel (quasi) vezzeggiativo petegolo: piccolo peto.

Ed ecco che abbiamo la definizione più appropriata per l’incontinenza verbale (o scritta, con i tempi che corrono) che oggi governa la quotidianità dei paesi presunti) civilizzati.

Ci meravigliamo dunque di cosa? O meglio, ci arrabbiamo per cosa? Per la libertà di espressione e di parola?

Ricordiamoci qual è il più grande social network dell’epoca moderna. Mark Zuckerberg, un tempo geek asociale confinato nelle prestigiose stanzette di Harvard, inventava Facesmash per dare giudizi sulle ragazze del campus.

Per poi trasformare la sua creazione in Facebook, dove tutti si fanno gli affari di tutti e ci esprimono un parere.

Veniamo al dunque, dopo questo breve e allo stesso tempo necessario excursus: booking.com sta cambiando il sistema delle recensioni.

I mal di pancia degli albergatori di tutto il globo creano una scossa simile a un terremoto.

Mentre gli utenti godono della possibilità ancor più scientifica di manifestare le proprie bizze.

Ma se fosse un bene?

Sappiamo tutti a memoria la lezione. La Brand Reputation online, oggigiorno, vale più delle nostre stelle.

È l’insieme di tutto ciò che di buono (e, ahinoi, di cattivo) rappresenta la nostra struttura.

Per quanto sia dura accettare la sadica roulette di alcuni giudizi, per quanto sia necessario ammettere la difficoltà di riscontrare oggettività, è vitale mantenersi lucidi.

La statistica non mente, il punteggio che ci viene assegnato è lo specchio fedele di ciò che valiamo agli occhi di chi ospitiamo.

Perciò, analizzando lo stato attuale dell’arte, è accettabile che quattro faccine racchiudano l’intero spettro di emozioni da cui nasce un’opinione?

Per neofiti o smemorati, attualmente si ha la possibilità di valutare sulla base di una scala di valori rappresentata da quattro non troppo simpatiche emoji.

Numericamente scomposte nei seguenti valori: 2,5 – 5 – 7,5 – 10.

Nella migliore delle ipotesi, un cliente attento valuta la simulazione finale di punteggio e tara la qualità/quantità del giudizio finale.

Mancava però tante, troppe sfumature. E ciò impedisce, sovente, che la recensione scritta rispecchi fino in fondo la votazione assegnata.

Con l’ultima modifica, torniamo finalmente a scuola, con una graduatoria che va dall’1 al 10.

Booking.com ama però essere controverso, sebbene sia corretto attribuirgli la qualità immensa di chi studia quotidianamente il marketing del settore al fine di concretizzarne le necessità primarie.

Ciò che lascia perplessi è la decisione di scindere i giudizi sulle singole categorie, che rimangono invariate, da quello totale.

Per essere più precisi, potrei valutare tutto al massimo e comunque assegnare un 2 alla mia esperienza.

Ci si affida al buon senso degli utenti, poco da fare.

Il meccanismo entrerà gradualmente nelle nostre vite, da addetti ai lavori e da Viaggisti. Vedremo che benefici porterà.

La vita dell’albergatore rimarrà ancora a lungo indissolubilmente legata a questo gioco.

Il consiglio è evitare che governi preventivamente le nostre azioni.

È nato un forte timore reverenziale nei confronti dell’ospite.

Una guerra psicologica che condiziona le azioni quotidiane di tutto lo staff.

A prescindere dall’obiettivo sano di ben figurare, non dimentichiamo però qual è il nostro scopo primario: far vivere agli ospiti uno splendido soggiorno.

Non li trattiamo bene per paura che poi ci infamino agli occhi del mondo.

Trattarli bene è la ragion d’essere dell’ospitalità.

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