Il corto circuito delle tariffe prepagate

Prima di scrivere questo articolo mi sono confrontato con un caro amico che si occupa di consulenza alle aziende e abbiamo parlato a lungo di come vengono gestite le aziende, di quali errori commettano, fino ad arrivare a un aspetto che era quello che mi interessava: il ciclo economico e quello finanziario.

L’ho fatto perché non volevo scrivere cose che potevano essere fraintese o addirittura sbagliate. Faccio questa introduzione perché l’argomento di oggi riguarda sì le tariffe prepagate, ma analizzate non da un punto di vista puramente commerciale, quanto piuttosto da quello finanziario.

Ci capita sempre più spesso di trovarci di fronte a situazioni di aziende turistiche nelle quali le tariffe prepagate sono una grossa parte delle vendite, grossa al punto che parlare di eliminarle o semplicemente ridurle comporta seri problemi di gestione finanziaria oltre a essere estremamente delicato e richiedere tempi molto lunghi.

Commercialmente parlando, le tariffe prepagate non rimborsabili non ci sono mai piaciute e lo ripetiamo ad ogni occasione. Il motivo è che siamo convinti (e la riteniamo anche una ovvietà) che ai clienti non piaccia prepagare qualcosa che non possono più cancellare: se  comprano una determinata camera in hotel è perché costa meno della tariffa standard, non perché è prepagata e non rimborsabile.

In questi anni abbiamo sempre visto il danno che fanno le tariffe non rimborsabili a livello di freno alle vendite di una struttura, ma non avevo realizzato quanto può essere dannoso per l’azienda se ne fa un uso smodato arrivando al punto di non poterne fare più a meno.

Più liquidità in cassa, ma a danno dei bilanci aziendali

Le motivazioni che mi vengono date sul perché una struttura decida di utilizzare le tariffe prepagate non rimborsabili, sono principalmente due e cioè, che così si evitano cancellazioni e che fanno comodo perché danno liquidità nei periodi di bassa stagione.

Dell’aspetto di evitare le cancellazioni ne abbiamo già dibattuto e lo faremo ancora, sono quasi sempre un falso problema, ma oggi vorrei approfondire con voi il secondo motivo e cioè quello che riguarda le prepagate come metodo per liquidità durante i periodi di bassa stagione.

La prima domanda che ho fatto al mio amico è stata: “ma secondo te come mai un’azienda turistica deve usare le tariffe prepagate per sopperire alla mancanza di liquidità?” La risposta è stata molto lunga e articolata ma, essenzialmente, la mancanza di liquidità di una azienda è dovuta o a grosse spese impreviste, oppure a progetti di ristrutturazione o investimenti finanziati per cassa, cioè senza rivolgersi alle banche o a capitale proprio (usando comunque gli incassi dell’azienda).

Ho approfondito “ma quindi in mancanza di grosse spese o di investimenti fatti per cassa, se usano le prepagate per avere liquidità vuole dire che sono in perdita?”, le risposta è stata “Sì”.

Senza appello o spiegazioni.

Per lui è stata una risposta talmente ovvia da non sentirsi in dovere di dare spiegazioni ulteriori. La cosa non mi ha sorpreso molto, ma mi domando, però, se tutti gli imprenditori sono consapevoli di questa situazione, e cioè che la mancanza di liquidità in bassa stagione non è fisiologica, ma vuole dire che non si è incassato abbastanza durante l’alta stagione e l’azienda non sta producendo utili sufficienti a sostenere almeno i costi operativi (figuriamoci gli investimenti o le spese impreviste).

Può darsi che un anno ci siano state grosse spese impreviste però queste non possono esserci tutti gli anni e dubito che la maggior parte degli albergatori si metta a ristrutturare camere o cucine o altro usando il capitale proprio (anche se dovrebbero parzialmente farlo – specialmente in un periodo come questo dove il sistema creditizio non è “più quello di una volta”).

Che fine fanno i soldi delle tariffe prepagate?

Proseguendo, abbiamo parlato anche di aspetti che riguardano il bilancio di un’azienda e di che fine fanno i soldi delle tariffe prepagate. E qui abbiamo parlato di ciclo economico, che è la normale attività di fornitura del servizio turistico e di ciclo finanziario, cioè gli incassi relativi ai servizi forniti.

Questi due cicli devono essere allineati altrimenti i dati del bilancio non rispecchiano la realtà.

Mi spiego meglio. Le tariffe prepagate entrano subito nella contabilità dell’azienda perché entrano nei corrispettivi al momento dell’incasso, ed entrano a far parte dell’attivo del bilancio. Questo significa che nel bilancio del 2018 ci saranno incassi di prenotazioni di clienti che arriveranno in hotel nel corso di tutto il 2019, ma non ci saranno le relative spese, perché le sosterremo solo al momento dell’arrivo dei clienti. Quindi incassiamo prima e, a volte, molto prima del momento in cui sosteniamo la spesa.

Se queste prenotazioni prepagate sono tante, si va a mettere tanti soldi nel bilancio senza le relative spese e si genera un utile fittizio; in realtà l’azienda non va bene o, almeno, non così bene come sembrerebbe dai bilanci, ma non sempre se ne ha la consapevolezza.

Un’azienda, quindi, può avere una parte di prenotazioni prepagate senza che queste vadano a creare gravi disallineamenti ai cicli economici e finanziari, ma le prepagate non dovrebbero superare il 20% circa del totale delle prenotazioni o, in alternativa, dovrebbe avere tantissimi liquidità.

Quello che abbiamo notato è che l’abuso di tariffe prepagate non è una cosa voluta, ma un processo nel quale l’hotel si trova coinvolto senza averne la percezione.

Il mio consiglio a tutti è di riflettere su quale fetta del vostro fatturato è data dalle prenotazioni prepagate e valutare se sia il caso di ridurle per evitare di trovarsi in situazioni di difficoltà.

Se le tariffe prepagate non ci piacciono da un punto di vista commerciale, adesso ci piacciono ancora meno visto che potrebbero (e lo fanno) creare danni a livello finanziario.

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