Costi fissi e variabili, non facciamo confusione!
Prendiamo il totale dei costi fissi di una struttura ricettiva, alberghiera od extra alberghiera qualunque, dividiamolo per il numero delle camere e poi per i giorni di apertura (es. 500.000€ :38 camere :356 giorni= 36€).
Il numerino a due cifre che si otterrà rappresenta il costo fisso unitario, che non è un valore teorico e astratto ma quanto ogni vostra singola camera vi costa ogni giorno, che sia occupata oppure no.
Ora prendete una serie di cartellini e scriveteci sopra il numero 36 e attaccatelo ad ogni singola camera rappresentata nella rastrelliera, oppure ad ogni singola porta d’entrata delle camere e alla fine della giornata andate a riprendere tutti i cartellini relativi alle camere invendute: sommateli e saprete quanti euro in totale avete perso o, meglio, la quota di costi fissi che dovrete pagare per quel giorno (es. nel caso di 15 camere vuote 36 X 15 = 540€).
Mettete i soldi in un cassetto…
…ne avrete bisogno a fine mese!
Il passaggio mentale e concettuale dalla camera invenduta alla camera a remissione certa, è un passaggio necessario per disinstallare l’idea radicata culturalmente che una camera invenduta sia solo un mancato ricavo. È una sicura perdita!
Ma nell’elaborazione di una tariffa minima (bottom) la base di partenza deve essere il Cost.p.a.r. (costo fisso unitario + variabile) oppure solo il variabile?
Molti sostengono che i prezzi di una camera si facciano sommando una serie di voci, e provo ad elencarne qualcuna poiché ne ho sentire talmente tante e di originali
– Costo variabile camera
– Costo fisso unitario camera
– Commissioni delle OTA che intermediano
– Costo di manutenzione della camera
– Percentuale di guadagno ritenuto congruo
– E…molto altro…ma mi fermo
Non vi sembra strano che si possa immaginare di costringere un mercato ad assorbire un prezzo che si è deciso con analisi interne e soggettive? E se i costi fissi della struttura fossero esagerati e fuori controllo? È come andare dal nostro datore di lavoro presentare le nostre esigenze economiche (mutuo, scuola privata dei figli, spesa biologica, cena settimanale, cinema, vacanza etc e poi chiedere lo stipendio di conseguenza…) ma il mercato funziona cosi?
Ora non voglio entrare nei meandri psicologici di ciò che può albergare nella testa di chi gestisce i prezzi partendo dai propri costi, ma concettualmente chiunque sa di marketing sa anche che è un approccio sbagliato e deleterio.
Ma allora non dobbiamo considerare il Cost.p.a.r come base di partenza nell’elaborazione di un prezzo?
No! L’unico valore da conoscere è quello del costo variabile camera, non del Cost.p.a.r.!
Conoscere il Cost.p.a.r. della nostra struttura ricettiva è importante per acquisire una corretta consapevolezza sui costi della camera, ma non dobbiamo essere condizionati nell’elaborazione della tariffa alberghiera che, invece, vive una vita propria assolutamente indipendente da quella dei costi.
Costi e ricavi
Costi e ricavi sono due figli della stessa madre, ma come tutti i fratelli profondamente diversi l’uno dall’altro e – aggiungo – mentre i costi hanno un limite di comprimibilità al di sotto del quale non bisogna scendere per non avviare erosioni ai ricavi, i ricavi invece sono potenzialmente illimitati.
Il costo variabile camera tende a restare abbastanza costante dopo che si è compiuta la razionalizzazione delle voci dei costi che lo compongono come: utenze, smartkey, cortesie, lavanderia, cancelleria, foodcost del servizio colazione etc… Il costo variabile, poi, sebbene resti sostanzialmente fisso all’aumentare dell’occupazione, in realtà può essere razionalizzato ulteriormente attraverso l’aumentare dell’Indice Medio di Soggiorno e anche dalla tipologia di clientela, poiché sappiamo bene che il cliente business tenderà a consumare meno in generale del cliente leisure.
Ma cosa fare se è stato deciso di esternalizzare alcuni servizi rendendo variabili costi in genere fissi?
La pratica di rendere variabili dei costi fissi sta prendendo sempre più piede e questo per limitare gli appesantimenti amministrativi – e spesso gestionali – della operatività quotidiana che si determinano in ogni singola struttura (ad esempio buste paga, malattie e ferie del personale). La scelta di esternalizzare deve passare attraverso l’analisi di alcune variabili che riporto in parte di seguito:
– Incidenza del valore della brand reputation sui ricavi: intendo dire che strutture piccole e esclusive per esempio poggiano la loro sopravvivenza sul Ricavo Medio Camere altissimo che è figli della brand reputation e qui l’esternalizzazione potrebbe essere estremamente pericolosa e penalizzante
– Escursione occupazionale: strutture con occupazionalità molto differenti tra alta e bassa stagione (e quindi presupponiamo poco revenue) possono avere più vantaggi nell’esternalizzare i servizi
– Capacità: le strutture con un numero di camere elevato hanno maggiori vantaggi nell’esternalizzare
Si possono esternalizzare tutti i servizi?
Il consiglio che diamo ai nostri clienti è di valutare l’esternalizzazione eventuale di Housekeeping e Ristorazione, ma evitare accuratamente l’esternalizzazione del front office e del servizio colazioni.
Ma se si è deciso di esternalizzare i servizi, come calcoliamo il costo variabile?
Il costo variabile deve considerare ovviamente l’incidenza dell’esternalizzazione, ma proprio perché sostituisce il costo fisso l’analisi deve essere effettuata cum grano salis e, nel caso di un servizio in esternalizzazione (ad esempio l’Housekeeping) questo deve aggiungersi al costo variabile e servire da base per l’elaborazione della tariffa bottom. Qualora ce ne fosse un secondo (per esempio il servizio colazione), il totale dei costi variabili potrebbe essere eccessivo, per cui il consiglio è di non superare la quota di un servizio in esternalizzazione nel computo del costo variabile funzionale alla tariffa bottom.
Nell’era del revenue management i costi funzionali ai ricavi devono essere l’acceleratore dell’azione commerciale e non il freno, così conoscere al meglio questo genere di costi, forse, porta l’albergatore ad affrontarli con maggiore serenità.
Le commissioni OTA
Le commissioni delle OTA – per esempio – tanto mal digerite, devono rappresentare un costo da affrontare con grande serenità, nella consapevolezza che oltre ad alimentare il fatturato camere, amplifica la visibilità sui canali off line. E quando l’aumento del volume delle OTA (misurabile oltre che dai fatturati prodotti anche dall’aumento delle reviews) si associa ad un aumento della brand reputation, questo porta alla disintermediazione.
Del resto, come dice la parola stessa, “disintermediare” deve per forza presupporre l’intermediazione come fase precedente. Intermediare nella prima fase, quindi, è un male necessario: rassegnamoci e facciamolo al meglio con coraggio e senza la preoccupazione di chiudere in continuazione le vendite…ALZATE LE TARIFFE è molto meglio…
I costi Occulti
Ci sono poi dei costi occulti, uno per tutti la dilazione. Quanto costa ad un albergo avere mediamente il cash flow a distanza di 30/60 giorni dal momento in cui il cliente ha pernottato?
Il cash flow è importante e questo è garantito dalle OTA e dai diretti (che spesso ne sono figli). Avere una quota di entrate in sospeso rappresenta un costo occulto e bisogna cercare di limitarlo al massimo.
Il mio invito è quello di vedere ogni singolo costo nella giusta luce, cercare di razionalizzarlo e armonizzarlo in maniera unica per ogni struttura in funzione di caratteristiche strutturali e commerciali ma…una volta fatto ciò dedicatevi ai ricavi perché è lì che c’è il vero successo di un’azienda, e in questo sicuramente possiamo essere il vostro miglior partner!