L’ultimo Stadio di Roma

Buongiorno, Comune di Roma, come posso aiutarla?
Buongiorno, avrei bisogno di un nuovo stadio.
Con chi ho il piacere di parlare?
Sono l’AS Roma e il nuovo impianto sarebbe veramente di fondamentale importanza.
Dove pensava di costruirlo?
A dire il vero, si pensava di farlo al posto del vecchio ippodromo.
Un peccato demolirlo così violentemente.
Sono anni ormai che è chiuso…
Come la mettiamo con l’equilibrio idrogeologico?
Certamente troveremo un modo per risolvere questo problema
E per la viabilità?
Potrei sistemare tutto con le adeguate opere di compensazione urbanistica…
E con la cementificazione e le cubature sostenibili?
Nel progetto è compresa un’area di 63 ettari di verde…

Presumibilmente non è esattamente così che è andata ma, in questa sede, la controversa questione del nuovo stadio della Roma sarà osservata da una prospettiva di mercato, caratterizzata dalle logiche che regolano il rapporto fra domanda e offerta.

Recentemente Expedia, uno dei partner della Uefa, ha pubblicato uno studio, suggestivamente intitolato ‘’Destination: Football’’, sulla stretta relazione fra calcio e turismo.

La ricerca, presentata in occasione della finale di Champions League di Madrid, prende avvio dai picchi di ricerche per la capitale spagnola (+30% rispetto al 2018) registrati dalla Gran Bretagna non appena definite le finaliste.

I dati confermano ciò che ormai è sotto gli occhi di tutti: nel mondo quasi 7 viaggiatori su 10 hanno organizzato almeno una vacanza con la scusa di un evento sportivo.

Passando da dati sull’occupazione a quelli sul Ricavo Medio Camera, l’impatto di una finale del genere è stato stimato in circa 50 milioni di euro.

Allargando il discorso anche all’altra finale, quella di Europa League, la scelta di Baku rientra in un più ampio piano di collaborazione fra l’Unione Europea e l’Azerbaijan con finalità di rilancio veicolato dal governo azero anche attraverso lo sport.

Per chi frequenta il nostro settore, le implicazioni sono decisamente evidenti.

Non solo per il comparto ricettivo ma per il sistema intero.

Lo sono in generale, però, visto che anche l’allenatore del Liverpool finalista, Jurgen Klopp, ha commentato in conferenza stampa lo stratosferico aumento dei prezzi di voli e alloggi su Madrid, conseguente – coerente, diremmo noi – con l’evento in programma.

E Roma resta a guardare

In un contesto del genere, senza farsi trasportare in nessun modo da simpatie o antipatie politiche, viene semplice pensare che anche a Roma il calcio potrebbe servire come trampolino di lancio.

La proprietà dell’As Roma è straniera, americana d’origine e di mentalità, e fin dal primo giorno ha annunciato chiaramente che la crescita sportiva sarebbe passata forzatamente dalla possibilità di disporre di uno stadio di proprietà.

Certamente pesa l’esempio virtuoso in tal senso della Juventus (e di Torino).

A questo punto, proprio mentre Carlo Verdone confessa di aver scelto la Puglia per il suo prossimo film perché girare a Roma è troppo complicato, arriva la notizia che il vice-presidente della società giallorossa, Mauro Baldissoni, ha riavviato le trattative per il progetto dello stadio con il sindaco di Fiumicino.

In effetti si tratterebbe di guadagnare entusiasmo – quello dimostrato dal comune aeroportuale – in cambio di uno spostamento di solo una manciata di chilometri dall’area originariamente individuata.

Nessuna restrizione può fermare la decisione

La motivazione alla base di questa mossa sono, a guardar bene, le restrizioni che in un modo o nell’altro il Campidoglio ha posto allo sviluppo.

Ritornando all’inizio di queste righe, alla dinamica domanda-offerta, non possiamo rinunciare a traslare i concetti e a ragionare sul fatto che nessuna restrizione può fermare la decisione.

Così come quando esageriamo nel voler controllare i nostri clienti, l’unico risultato che otterremo è quello di vederli preferire altre mete e/o strutture, altrettanto sta succedendo nelle vicende del nuovo impianto romanista.

Specialmente se le restrizioni vengon fuori da necessità interne, solitamente estranee al cliente, diventano ostruzionismo. L’eccessiva rigidità non può bloccare il mercato che, inevitabilmente, troverà sbocchi alternativi.

Si tratti di spostare il soggiorno o uno stadio.

Nel caso specifico, tra l’altro, manca a chi scrive la capacità di trovare ragioni davvero valide e che non debbano essere ricercate nella paludosa burocrazia, nei centri di interesse più o meno sotterranei, nei giochi di potere.

Le finali delle due massime competizioni europee per club sono state colte come occasione utile per interrogarsi anche sull’impatto che ha il calcio sull’ambiente.

Altro discorso complesso che spesso è stato affrontato tirando in ballo il concetto di “impronta ecologica“.

Seguendo questo approccio, ad esempio, la finale di FA Cup giocata a Cardiff nel 2004 avrebbe consumato più di 1200 ettari.

Certo, si passi la boutade, non pensiamo che i problemi ambientali possano essere d’impedimento alla realizzazione dell’impianto sportivo: fra cumuli di spazzatura, gabbiani impazziti e ratti inferociti, è lecito dubitare che un nuovo stadio peggiorerebbe la situazione.

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