Revenue senza tempo: sogno, realtà o…tutta pubblicità?

Abbiamo incontrato albergatori in ogni dove. Non esiste una regione italiana dove non abbiamo parlato di Revenue. Ma non solo.

È vivido il ricordo di quella sala a Buenos Aires. O di quella di Madrid o dell’altra a Marrakech.

Molto più recenti sono le missioni in Bulgaria, in Russia, nello Sri Lanka.

Ovunque e comunque la costante è sempre la stessa: i dubbi e le ansie sono uguali.

La differenza è l’accento o, al massimo, la lingua. Eminenti studiosi sono da anni alla ricerca di quelle regole che guidano le decisioni umane.

Sempre di più si concorda sulla certezza che ben poco c’è di razionale nei processi decisionali quotidiani. Anche e soprattutto quando ci sono di mezzo i soldi.

In molti sostengono che, più che sulla base della dicotomia ricchezza- povertà, il nostro cervello si muova sul filo che divide i guadagni dalle perdite.

Siamo concettualmente avversi al perdere. Quasi per pregiudizio e spesso a scapito della possibilità di guadagnare.

Il Revenue Management obbliga a perdere la certezza di abitudini consolidate e copioni conosciuti a memoria e offre in cambio la possibilità di guadagnare.

Ragionando come ragioniamo, però, è difficile preferire la strada nuova perché abbiamo molta più paura di lasciare che di trovare.

Se non per tutti, il discorso vale per molti. Anche per molti di quelli che abbiamo incontrato nelle valli alpine, lungo le nostre coste, sulle isole, nelle città, italiane e non.

Diverse latitudini, stessi timori

Dietro alle stesse perplessità, dietro alle stesse preoccupazioni si nasconde una frase ricorrente che abbiamo sentito centinaia di volte:

‘’questo è un posto particolare e il Revenue Management non funzionerebbe’’.

Sappiamo ormai benissimo quanto sia, invece, vero il contrario: si può fare Revenue dovunque e funziona comunque, se fatto bene.

Verità inoppugnabile fornita delle esperienze e, se non dovesse bastare, suffragata dai numeri.

Non è più vero. Se il parlamento norvegese dovesse accettare la petizione degli abitanti del piccolo villaggio di Sommarøy, esisterebbe il primo posto al mondo in cui non sarebbe possibile fare Revenue Management.

Accompagnata dalla scenografica mossa di appendere tutti gli orologi del paese sul ponte che lo collega alla terra ferma, la richiesta ufficiale e già consegnata alle autorità competenti è quella di abolire il tempo.

L’essenza dell’iniziativa è intrigante: il tempo (come il denaro) è una convenzione utile all’uomo per regolare il ritmo della natura; le naturali condizioni di vita obbligano i locali a quasi 70 giorni senza notte e viceversa.

A ‘sto punto – dicono – liberiamoci definitivamente dell’ingombro della misurazione, seguiamo l’istinto e assecondiamo l’ambiente.

Se quella che sentite come prima reazione è una lontana sensazione di leggerezza, non temete perché subito dopo torna anche l’angoscia.

Bello sarebbe vivere senza tempo ma saremmo davvero in grado? Non è soltanto perché a occhio Crono sembra un tipo da non far irritare ma molto più perché non sapremmo come fare una Tariffazione di Partenza.

E come si potrebbe interpretare la velocità di ingresso delle prenotazioni? E l’anticipo di riempimento? Senza parlare, poi, di come gestire le diverse Cancellation Policy.

Mentre crollano le sicurezze e ci assalgono le visioni di un mega-listino con due sole e uniche mega-notti, arriva la smentita: è solo pubblicità.

L’iniziativa non è reale e si tratta in effetti di una (ingegnosa) trovata .

Senza nemmeno poter finire di rammaricarci per la fine di un’illusione troppo bella per esser vera, ci raggiunge un nuovo cruccio.

Per stavolta ce la siamo cavata ed è salva la totale applicabilità del Revenue Management in ogni luogo del mondo in cui ci siano almeno due camere da vendere.

Ma se qualcuno volesse davvero e ci riuscisse sul serio? Dovremo farci trovare pronti per un Revenue Management anche senza organizzazione cronometrica.

La sfida è accettata. Tanto c’è tempo.

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