Il Revenue Management fra incrementi di fatturato e strategie flessibili

Il Revenue è una bevanda sconosciuta e inebriante; un idromele dal fascino alchemico, mistico.

Spaventa e seduce. Chi non lo ha provato ne ha timore, fatica ad avvicinarvisi e per paura lo denigra.

Chi ha avuto l’ardire di bagnarvisi le labbra finisce per tracannarlo in un unico sorso e poi sulla tavola vuole solo quello.

Ma il Revenue, come la vita, si basa su un segreto spesso inafferrabile: la ricerca dell’equilibrio.

In mezzo a tanti discorsi, perciò, è utile ripassare alcuni concetti.

Siamo alla fine dell’ennesima stagione estiva, crocevia  determinante per molti.

Appesi alla speranza che tutti gli astri si siano allineati nel modo giusto, ci auguriamo di esserci garantiti il miglior risultato possibile.

Ed è anche parte del fascino di questa professione, non confinare i numeri in un involucro asettico, ma lasciarsi guidare dalla pancia e dalle sensazioni.

A consuntivo, tuttavia, è indispensabile sedersi a tavolino e analizzare.

È il tempo di dedicarci al dettaglio di tutto ciò che riguarda trend di mercato e flussi prenotativi, di andare a rintracciare pro e contro dell’estate 2019.

Come ogni anno, i ragionamenti sono molteplici.

Dobbiamo impegnarci per dare una risposta a tutte le questioni rimaste in sospeso.

Il dato più importante: la produzione

Se, come detto, il lavoro quotidiano vive anche di interpretazione e intuizione, la chiusura della stagione è il momento di dedicarsi al dato più significativo: la nostra produzione.

Per un attimo accantoniamo costi interni, fissi o variabili che siano, commissioni elargite alle OTA o ai Tour Operator.

Rimandiamo la chiamata al commercialista e vediamo cosa ci ha detto il mercato.

Nei primi anni in cui si applicano delle corrette tecniche di Revenue Management, lasciando indietro tutte quelle restrizioni che tradizionalmente ci hanno guidato nella direzione più comoda ma meno redditizia, le performance della nostra struttura schizzano alle stelle.

Incrementi poderosi e senso di assoluta onnipotenza.

Andando poi a lavorare sui nostri stessi progressi, provando a perfezionare quello status d’eccellenza che ci siamo sudati, subentra la pretesa che si debba crescere, ogni anno.

A prescindere da ciò che succede. Certo esistono infinite variabili e contingenze.

Quanto siamo riusciti a disintermediare e cosa abbiamo fatto per agevolare questo processo?

Una tariffa correttamente esposta online è l’unica mossa strategica da compiere?

Abbiamo seguito i suggerimenti che i clienti ci hanno sottoposto, spesso in modo brutale, attraverso i loro giudizi?

Gli investimenti fatti hanno pagato?

Tutti noi addetti ai lavori abbiamo queste pulci nelle orecchie.

Nessuno vuole negare la concretezza e l’utilità di questo approccio.

Però è bene saldare in testa un concetto.

Ogni anno/stagione si mette un punto e si va a capo

Lo storico ci sarà sempre di supporto ma le previsioni possono essere ingannevoli e alimentare aspettative soggettive cui tenere fede sarebbe complesso.

Aver vinto un campionato non fa di noi automaticamente i campioni di quello successivo.

Non dimentichiamo mai da dove si parte.

Le percentuali di occupazione, i ricavi medi, l’impatto della meteorologia, il trend positivo di una piazza o anche solo la nostra capacità commerciale.

Sono tutti elementi di cui tener conto ma la nostra camera, vuota, continuerà a costarci.

Il nostro variabile, calcolato a dovere, continuerà a far sì che la nostra bottom rate debba partire da una base chiara, studiata e compresa, per consentirci di andare sempre in positivo al netto di una vendita.

È naturale e sano che l’ambizione e il senso di sfida ci portino alla ricerca di superare noi stessi.

Ma questo va fatto attraverso la comprensione delle nostre sviste e dei nostri stessi limiti strutturali.

Impariamo a convivere con la nostra fallibilità. Avremmo potuto osare di più.

Forse siamo andati troppo su in altre  situazioni.

Esiste però la possibilità che il confronto con l’anno passato sia inferiore alle nostre attese.

In un mercato sempre più volubile, l’incremento di fatturato non è l’unico termometro utile a misurare la bontà del nostro operato.

In qualche caso, mantenere il consolidato o minimizzare il danno deve essere accolto come un successo.

Del resto sarebbe anche peggio aumentare incondizionatamente aspettative e tariffe, accantonare la nostra bottom rate, far pagare al cliente il nostro eccesso di ottimismo o l’aggiunta si servizi che (forse) verranno percepiti solo in corso d’opera.

La strategia è flessibile ma non deve trascurare le buone pratiche che hanno esaltato le nostre vendite.

Salire di 10 o 20 euro, di partenza, sulla bassa/media stagione può causare la catastrofica rottura di quel glorioso circolo virtuoso di semina/raccolta che dobbiamo perpetuare.

Non prendiamo il Revenue per ciò che non è. Non è la lampada di Aladino.

È un dogma dalle mille sfaccettature.

È la preziosa sicurezza di poter ottenere sempre il massimo nelle condizioni in cui siamo.

Qualsiasi esse siano.

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