Camere di albergo gratis? Il caso Fortnite è dietro l’angolo

Alzi la mano chi non ha mai giocato a un videogame.

Presenti nella cultura da più di quaranta anni, hanno dettato il ritmo degli svaghi dei giovani e meno giovani.

Ma lo sapevate che i primi giochi erano programmati da una sola persona?

Come un artista che per giorni e giorni lavora sulla propria opera, i game designer del tempo imbrattavano la tela di byte e midi, perdendo diottrie ma donandoci mondi virtuali nei quali sognare, quando ancora la tecnologia viaggiava affiancata dalla fantasia (per limiti tecnici ovviamente).

Questi tempi sono passati da un pezzo, e ora la maggior parte degli studi hanno decine e decine di personale umano, ognuno incaricato di lavorare un particolare fattore, dalle animazioni ormai perfette alla grafica fotorealistica.

Intere orchestre vengono assunte per registrare quelle che ormai rivaleggiano con le colonne sonore dei film a più alto budget, e anche gli investimenti sono cresciuti a dismisura.

Talmente tanto che l’ultimo grande kolossal game, Red Dead Redemption 2, ambientato nel selvaggio west e con 1200 attori coinvolti, è costato la bellezza di $644.2 milioni nei suoi 7 anni di sviluppo.

Ampiamente ripagato come l’opening più remunerativa della storia dell’entertainment, con oltre $725 milioni di incassi nei primi 3 giorni di lancio.

Ma è possibile in questo settore ormai dominato da produzioni immense trovare un nuovo spazio di vendita?

Questo concetto è stato affrontato circa venti anni fa dalle menti dinamiche e intraprendenti asiatiche e ampiamente sviluppato negli ultimi dieci anni anche in lande occidentali.

È possibile sviluppare un gioco multigiocatore, offrirlo all’utenza, e nonostante tutto guadagnare da ciò?

Il sistema free to play

Assolutamente sì: questo sistema chiamato free to play (in opposizione al più canonico acquisto del prodotto) ha preso sempre più piede, generando quello che oggi vediamo sulla maggior parte dei nostri smartphone e pc, come Clash of Clans, il figlioccio Clash Royale e tutti i cloni che si sono susseguiti.

È necessaria una veloce spiegazione per capire gli aspetti psicologici ed economici dietro questa scelta così apparentemente fuori mercato.

Come può il regalare un gioco offrire guadagni a volte anche superiori alle grandi distribuzioni?

Facciamo un passo indietro, entriamo nella concezione rivoluzionaria di questa straordinaria iniziativa commerciale.

Era il 1945. Benjamin Siegel, uomo d’affari statunitense, capitò quasi per caso in mezzo al deserto del Nevada.

In un luogo che, per decenni, era stato usato prima come stazione di sosta per carovane dirette in California e poi come snodo ferroviario di cui beneficiavano le vicine miniere per inviare le merci al resto del paese.

Come spesso accade in questi casi, l’idea che gli venne fu così pioneristica da risultare incomprensibile anche al più illuminato degli imprenditori.

Nonostante ciò, ottenne l’appoggio finanziario di una cordata di investitori.

Circa un anno dopo,  durante le festività natalizie del 1946, il Flamigo Hotel Casinò fu inaugurato.

Las Vegas avrebbe scoperto presto una nuova natura turistica e commerciale.

Certo Bugsy Siegel, che odiava essere chiamato con quel nomignolo, in realtà era un mafioso.

E il progetto, inizialmente di 1 milione di dollari, finì per costarne sopra i 4.

Ahilui, il flop iniziale finì addirittura per costargli la vita.

Senza di lui non avremmo la moderna Sodoma, capitale mondiale del gioco d’azzardo e del divertimento materialista.

Un vero e proprio inno all’edonismo.

Il gioco d’azzardo: una lezione commerciale?

Dal punto di vista commerciale non avremmo però imparato una fondamentale lezione.

Las Vegas, per la maggior parte dell’anno, sfrutta le camere d’albergo come volano commerciale per tutti i servizi che i molteplici casinò offrono.

Consci ormai del fatto che, pur vendendo le stanze a prezzi moderatamente bassi, i veri incassi provengono da tutt’altra parte.

E sono assai più consistenti.

Fatte le debite proporzioni, è proprio ciò che c’è dietro al successo di Fornite, gioiello prodotto dalla casa di sviluppo statunitense Epic Games.

C’è dietro un piano ben preciso e funzionale: una fortissima componente immedesimante per il giocatore, una caratterizzazione dei personaggi accurata e convincente e un gameplay semplice ma intrigante.

Dove è il revenue in questo caso?

Nella possibilità di personalizzare i propri avatar comprando pacchetti estetici, per aumentare ancora di più la caratterizzazione, e fornire pacchetti casuali con i quali sbloccare nuove e uniche possibilità per i propri personaggi.

Il mondo virtuale ipotizzato da Steven Spielberg nel suo recente capolavoro Ready Player One è già (quasi) realtà.

Il gioco ha racchiuso tutte le aspettative dei giocatori in un sistema semplice da giocare ma difficile da padroneggiare, tanto da instaurare dei campionati con decine di migliaia di dollari come premio.

Anche i genitori sono arrivati a percepire le possibilità di guardagno nella cosa 

Cosa c’entra il revenue?

Ed entrando a pieno titolo nel nostro settore, è come se gli hotel iniziassero a dare le camere gratis per vendere servizi accessori come ristorante, bar, spa etc; scenario peraltro già anni fa ipotizzato da Franco Grasso.

Ma snoccioliamo qualche statistica, che ha reso questo gioco tanto amato e tanto ricco, anche se gratuito:

  • 250 milioni di giocatori a Marzo 2019
  • il 70% dei giocatori ha speso soldi, per una media di 85 dollari a persona
  • Il giocatore Ninja (ad oggi il più performante player di Fortnite) ha incassato 500.000 dollari al mese lordi con lo streaming dall’uscita del gioco
  • La Epic (casa del gioco) ha offerto 100 milioni di dollari come premi tra il 2018/2019 per i tornei da loro ospitati.
  • Fortnite ha portato nelle casse di Epic $1.2 miliardi di revenue a giugno 2018, inclusi $318 milioni a maggio 2018
  • Epic Games è stata valutata $15 miliardi nell’Ottobre 2018, partendo dagli $8 miliardi a luglio 2018.

Dati di crescita giocatori in milioni:

Su Twitter, 6.2 milioni seguono la pagina ufficiale

Instagram è ben al di sopra, con il numero incredibile di 14.1 milioni di followers.

La pagina ufficiale di Facebook ha 3.6 milioni di likes, con pagine non ufficiali che raggiungono anche numeri a 6 cifre.

Anche il cantante Drake è un fan accanito del gioco, come il giocatore di calcio Dele Alli, e giocando assieme al pro player Ninja hanno generato 635000 spettatori su twitch, un record.

Queste le cifre dei pro players di Fortnite in dollari:

Spesa media procapite settorializzata

 

Revenue Mensile free to play

 

Stiamo parlando di numeri stratosferici.

Il fatto ancor più incredibile è che, a livello qualitativo e relativamente alla pura giocabilità, il titolo in questione è inferiore a tantissimi altri.

Probabilmente consapevoli di questo, i creatori hanno spinto su altri aspetti.

Si sono resi però resi commerciali su terreni dove altri non hanno osato spingersi.

E lo hanno fatto ad arte, questo è appannaggio di pochi.

Come Las Vegas, insomma.

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