La tassa di soggiorno: un dazio intollerabile

Il nuovo mercato detta delle regole molto chiaramente e la regola madre è quella della libertà e assenza di vincoli e appesantimenti. La tassa di soggiorno non è una somma neutra e super partes che deve essere corrisposta dall’ospite in un albergo: è un dazio intollerabile che il cliente deve pagare per  espiare la colpa di averci scelto come meta di viaggio.

Non leggiamo in tutto ciò una sottile perversione e un certo istinto masochistico a farci del male?

La logica delle cose vorrebbe che chiunque ci venga a trovare dovrebbe essere in qualche modo premiato perché ci ha preferito e perché venendo da noi spenderà dei soldi in servizi che aiuteranno albergo ed indotto. Nella speranza, poi, che il suo soggiorno sia stato di gradimento sarà anche un fantastico passaparola per attirare altri clienti nello stesso hotel /destinazione.

L’anti revenue per eccellenza

La tassa di soggiorno poi ha delle caratteristiche che la rendono assolutamente anti-revenue e non allineata a nuovo mercato in quanto:

– Tende ad esser statica: in un momento storico in cui la dinamicità tariffaria è la regola e l’occupazionalità (che dipende dai manager) è il concetto chiave che ha preso il posto della stagionalità (che non dipende dai manager).
Le tariffe che si possono fare e, aggiungo, che si devono fare durante i periodi di bassa stagionalità sono spesso basse e la tassa di soggiorno può incidere a livello percentuale per un valore così alto da porre la struttura immediatamente fuori mercato.

– La tassa di soggiorno è stata introdotta per “tassare” il cliente che ci ha preferito ed è stata introdotta nella vecchia consapevolezza (che ormai il Revenue Management ha dimostrato sbagliata) che tanto l’appesantimento creato non avrebbe determinato una diminuzione della domanda.
Insomma il vecchio concetto preistorico che la tariffa non condiziona la domanda. Errato! La domanda di camere d’albergo è assolutamente elastica!
Non solo la tariffa condiziona la domanda ma lo fa in maniera subdola e punitiva nei periodi più complicati e cioè nella bassa stagione.

Un esempio su tutti: Roma

Prendiamo ad esempio una città come Roma. Una delle motivazioni per cui la città non riesce e rilanciarsi nella bassa stagionalità come deve a livello di appeal turistico, è anche (non solo ovviamente) per l’appesantimento della tassa di soggiorno che incidendo molto nella bassa stagionalità non permette alla nostra città di essere competitiva.

– La tassa di soggiorno inoltre, anche se preventivamente accettata dal cliente, viene poi materialmente pagata al momento del check out, che tutti sappiamo essere un momento particolarmente delicato per il cliente, poiché rappresenta la fine della sua esperienza che  – così come per l’inizio – ha un peso specifico nella reputazione generale molto alto.
Quanti clienti abbiamo visto stranirsi, rabbuiarsi o lamentarsi della tassa di soggiorno?
E quanti si sono rifiutati di pagarla? E soprattutto come si sente il povero receptionist a dover ogni volta far presente questo pagamento ?
Si sentirà come un esattore delle tasse, e quindi in un ruolo che non è il suo, e sappiamo bene che quando si recita un ruolo che non sentiamo nostro – in cui non ci riconosciamo  – si avranno atteggiamenti posturali e anche di comunicazione verbale assolutamente disallineati a quello che possiamo definire il miglior servizio possibile! Questo amplificherà tutti gli inevitabili disservizi o piccoli problemi che il cliente avrà incontrato in hotel durante il suo soggiorno.
Sappiamo bene che l’ultima impressione, se buona, può amplificare gli aspetti positivi del soggiorno minimizzando i piccoli disservizi, ma se cattiva…

– La diminuzione della domanda inevitabilmente determinata dall’introduzione della tassa di soggiorno ha reso le casse erariali sicuramente più povere: all’aumento delle entrate determinate dalla tassa di soggiorno, infatti, si devono detrarre i mancati incassi determinati da coloro che non ci hanno scelto (e credetemi sono tanti) proprio perché la tassa di soggiorno è stata introdotta. Il Revenue Management è equilibrio e ci insegna che se si tira da una parte si scopre l’altra..

– Benchmarking: coloro che per qualche motivo sono a favore della tassa di soggiorno sostengono – tra gli altri argomenti – che ormai in tutto il mondo, e soprattutto nelle città più importanti, la tassa di soggiorno si applica già.
E qui torniamo ad uno degli errori madre del Revenue Management e cioè del benchmarking sconsiderato: vale a dire che “se lo fanno tutti lo facciamo anche noi”.
Intanto dovremmo chiederci se le città che lo fanno hanno avuto stalli e/o cali della domanda turistica. E poi in molte città e paesi più virtuosi di noi, questi soldi vengono davvero utilizzati per investimenti turistici che se da una parte determinano un appesantimento per le tasche del turista, dall’altro compensano con la realizzazione di nuove opere, iniziative culturali , abbellimenti e migliorie varie. Non mi sembra proprio che tutto questo succeda da noi.

Sono sicuro che chi vorrà difendere la scelta della tassa di soggiorno saprà tirare fuori dati sull’incremento del turismo globale a Roma piuttosto che in altre città.

La verità è che il turismo internazionale aumenta fisiologicamente del 4% annuo e che anche l’offerta alberghiera aumenta: quindi l’incremento degli arrivi su scala globale annua deve essere molto importante per compensare questi due trend, altrimenti per gli albergatori significa recessione!

Credo che la visione di ogni albergatore medio, nella bassa e anche media stagionalità, sia sicuramente molto meno entusiastica dei vari sbandieratori di risultati e statistiche.

Tempo fa scrissi un articolo controcorrente, sull’istituzione del premio di soggiorno: cioè premiare tutti coloro che si scomodano e decidono di farsi ore di viaggio in auto o aereo per venirci a visitare. Ma non sarebbe più virtuoso e, permettetemi, anche logico?

I miei genitori mi hanno sempre insegnato ad essere gentile e accogliente con gli ospiti e non a trattarli  come limoni da spremere nella speranza (da struzzo) che poi non ci siano conseguenze.

Ma in che modo applicare il premio di soggiorno?

Semplice! Ad ogni singolo albergo verrà lasciata la possibilità di creare materialmente un bonus (cartaceo, gettone, o altro) con timbro o qualcosa che si identifichi con l’albergo, che poi sarà al portatore. E quando qualcuno lo esibirà, verrà ritirato dall’albergo che applicherà una scontistica, o lo considererà un bonus da spendere all’interno. Insomma decideranno i singoli alberghi cosa fornire in cambio.

Immaginiamoci i vantaggi

– L’Italia sarà il primo paese ad applicare un premio di soggiorno, allineandosi così al sentire universale ed etico che sappiamo essere premiante nell’economia del terzo millennio in generale e nel turismo in particolare, che ne è la sua più importante emanazione.

– I buoni, gettoni (o quel che sarà) diventeranno dei veicoli commerciali e promozionali importanti

– Moltissime persone saranno attratte a venire e questo sia per i vantaggi economici che determina per il cliente sia per quelli etici che saranno altrettanto premianti

– Il passaparola che si svilupperà sarà di eccezionale rilevanza

– Un modo per accelerare i processi di disintermediazione

Ecco perché non sono d’accordo sulla tassa di soggiorno!

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